L’elevato grado di imprevedibilità proprio dell’intelligenza artificiale generativa, forse trascurabile o quantomeno accettabile in alcuni settori, difficilmente può conciliarsi con le esigenze di precisione chirurgica che caratterizzano il mestiere dell’avvocato, soprattutto quando ci occupiamo di scrivere un contratto. La redazione di un accordo è infatti un’attività che sfida il futuro: proprio come l’intelligenza artificiale cerca di predire la ripetitività di un certo pattern, l’avvocato si sforza di immaginare qualsiasi scenario che potrebbe incrinare l’assetto di interessi cristallizzato nel contratto, e di porvi rimedio in anticipo.
Ma le somiglianze tra diritto (specie contrattuale) e informatica non sembrano fermarsi qui: i contratti, e alcuni di essi in particolare, consistono in genere in una serie di premesse e condizioni tutte orientate ad un certo risultato (prendendo in prestito un sinonimo già utilizzato sopra, un certo output), che può essere raggiunto efficacemente solo se queste premesse e condizioni concordano tra loro. In altri termini, al variare di una condizione dovranno necessariamente variare a cascata (tutte) le condizioni ad essa correlate, altrimenti il contratto (che nella sfida contro il futuro non potrà che essere sconfitto) perderà coerenza, potendo persino risultare invalido.
Questa intrinseca interdipendenza tra premesse e conclusioni, tra input ed output, avvicina di fatto la scrittura di un contratto alla programmazione di un algoritmo, che – allo stesso modo – altro non è se non una sequenza di premesse interdipendenti orientate ad un certo obiettivo. E una delle tante declinazioni dell’universo sconfinato dell’intelligenza artificiale, nota come intelligenza aumentata, si occupa proprio di progettare algoritmi pensati per sostenere, e non per sostituire, il lavoro dell’uomo.
A differenza dell’intelligenza artificiale generativa, quella aumentata non ambisce infatti a creare (o inventare) dati, “accontentandosi” di selezionare e legare tra loro input di provenienza umana al fine di riorganizzarli in direzione di un determinato scopo. Nel caso di Lexmatic, questi input altro non sono che il nostro know how di avvocati, validato e verificato accuratamente negli anni: il software alla base dei nostri prodotti non si inventa nulla, ma ipervelocizza i processi di scrittura e di ricerca e riduce il margine di errore approssimandolo allo zero.